Ossia: Il momento in cui ti rendi conto di essere un Italiano come tutti gli altri. Solo con molti più problemi nel ricordare le date.
Diciamoci la verità, il calcio non mi è mai interessato.
Champions League, campionato, e qualsiasi altro trofeo possa essere disputato nel gioco del pallone, non me n'è mai fregata un'inestimabile cippa. Forse perché da bambino mi hanno costretto con la forza a giocare, sai per integrarsi, o forse in quella ricerca di unicità adolescenziale in cui orgogliosamente ammetti che il calcio non ti piace, con quel tono da femminista dei tardi 70, o forse, e con grosse probabilità, perché ci sono troppi nomi da ricordare: 11 per squadra più allenatore ed eventuali riserve. Ma stiamo scherzando?
Ma c'è quel momento che fa capire a tutti quei
nonminteressalasciamistà che alla fine non sono speciali per niente, non sono araldi di un non so quale movimento anticonformista, è un istante preciso nella vita di chi ha vissuto il 2006, è l'istante che sta nel mezzo a quello in cui scagli in aria una sedia e quello in cui ti trovi in auto, mano sul clacson, l'inno di Mameli a manetta nell'autoradio, in mezzo ad altri mille esagitati come te con un tricolore fra i denti a fare casino come se non ci fosse un tra poco. L'istante in cui ti rendi conto di essere un Italiano che segue i mondiali di calcio come tutti gli altri.